Arti Marziali e Cultura

 

La cultura moderna educa e arricchisce la mente dell'uomo

L'Aikido ne educa il corpo ristabilendone l'equilibrio.

M. Hosokawa

 


 


Il corpo impara col corpo

Il cuore impara col cuore

La mente impara con la mente

La cultura moderna con la sua tendenza a favorire l'apprendimento intellettuale di tutti i tipi di esperienza, crea uno squilibrio nell'individuo, e la disarmonia che la parte più intima dello stesso subisce lo penalizza enormemente in tutte le sue manifestazioni siano esse emotive, fisiche o intellettuali, riperquotendosi sul sociale e sulla vita intima.

Ognuna delle sfere individuali, sia appunto essa l'intellettuale, l'emotiva o la fisica, ha il suo ambito e confonderle o sostituire l'una all'altra crea un danno che l'esercizio di un'arte marziale, impregnata di conoscenze antiche, può aiutare a riparare. Danno che manifestandosi nella sfera dell'apprendimento, rappresenta un impedimento allo sviluppo culturale dell'uomo.

Le arti marziali possono veicolare l'estrinsecazione delle espressioni culturali dell'uomo, equilibrare l'apprendimento delle conoscenze e favorire il giusto assetto della sua intimità.

Giorgio

 


 


Il rapporto tra arti marziali e cultura, nonostante sia spesso un elemento trascurato in Occidente da chi decide di avvicinarsi per la prima volta a questo mondo complesso nella sua semplicità, è invece un legame estremamente forte che, credo, ogni praticante scopra quotidianamente durante l'allenamento (keiko) nel dojo.

Il termine "arti marziali" richiama etimologicamente alle immagini belliche derivate dalla mitologia greca e specificatamente da dio Marte, che della guerra era appunto il nume. Ma analizzando nella loro essenza più profonda questo insieme di discipline orientali risulta chiaro che identificarle solamente come strumenti di guerra, oltre ad essere inesatto, è alquanto limitativo.

In Giappone tutto è iniziato con la nascita del bujutsu "tecnica di combattimento" avvenuta nei primordi della sua storia. In primo luogo finalizzato al combattimento, il bujutsu è diventato col tempo una disciplina che coinvolgeva sia le doti fisiche che quelle interiori dell'individuo. Con il costituirsi nel 1185 del primo governo di stampo militare (bakufu) e con l'ascesa al potere dello shôgun, il buddismo zen influenzò notevolmente lo sviluppo delle arti marziali attraverso tecniche meditative e di concentrazione praticate dai monaci che si basavano essenzialmente su esercizi respiratori centrati nel ventre (hara). Dal periodo Kamura alla fine di quello Tokugawa, quindi, il rapporto tra lo zen e il bujutsu tese a rafforzarsi in quanto lo zen insegnava a potenziare il coraggio, la prontezza, l'abilità e l'equilibrio psico-fisico dei samurai. A tal fine lo zen predicava la necessità di arrivare al "vuoto mentale", essenziale per intraprendere bene qualunque cosa ed in particolare per raggiungere il distacco dal proprio io come pratica di controllo su se stessi.

Questo spirito è riconoscibile nel Gorin no Sho "Libro dei cinque anelli" di Miyamoto Musashi, il più famoso samurai del XVII secolo. Questa opera è suddivisa in cinque rotoli (da cui il nome) che sono intitolati rispettivamente: della Terra, dell'Acqua, del Fuoco, del Vento e del Cielo (o secondo alcuni studiosi "del Vuoto"), i cinque elementi della filosofia cosmologica dell'Estremo Oriente. Il cammino spirituale che Musashi propone (Hyohô), e' un concetto globale di Via della sciabola e sta ad evidenziare il rapporto strettissimo tra la filosofia zen e il bujutsu.

Insegnamenti analoghi possiamo ritrovarli negli scritti di Takuan Shûhô (1573-1645), monaco zen, maestro di cerimonia del Te' (Chanoyu) e pittore, di Yagyu Muneri (1571-1646), maestro di sciabola e istruttore della famiglia Tokugawa e, più recentemente, nel libro di Eugen Herrigel (1884-1955) lo zen e il tiro con l'arco, che evidenzia, attraverso una serie di episodi tratti dalla sua pratica quotidiana del kyûdô, come lo zen sia parte indispensabile delle arti marziali e della cultura orientale.

Con la restaurazione Meiji del 1868 e il tramonto della classe guerriera dei samurai, il jutsu (la tecnica violenta) si trasformò in Dô (la Via), il cammino spirituale seguito dagli adepti di una disciplina marziale, religiosa o artistica, comportando così la nascita del Budô, di cui e' parte integrante. Il Budô "Via del combattimento" indica, oltre alle discipline fisiche, anche dei concetti di natura etica, filosofica e morale. Lo stesso Maestro Morihei Ueshiba scrisse sul Budô.

Il Budô è una via fondata dagli dei, che conduce alla verità, alla bontà e alla bellezza. È un sentiero spirituale che riflette l'illimitata e assoluta natura dell'universo e il disegno ultimo della creazione.

Perciò l'influenza della filosofia zen sullo sviluppo delle odierne arti marziali è evidente ed è indice di un estremo legame, tuttora presente, tra i paesi dell'Estremo Oriente, particolarmente il Giappone, e le tradizioni millenarie che sono un elemento costante nella vita stessa di questi, costituendo un iter culturale che nel corso dei secoli non si è mai affievolito. A parer mio possiamo trovare certi riscontri ogni volta che entriamo nel dojo e che veniamo a contatto con la bellezza di questo mondo, apertosi al nostro soltanto nell'ultimo secolo, attraverso il rapporto interpersonale, che si viene a creare durante la pratica, tra allievo e maestro e che sancisce un incessante scambio culturale che si ripete armonicamente da centinaia di anni.

Giovanni

 


 


Penso che praticare un'arte marziale possa essere un'esperienza importante anche dal punto di vista della cultura in quanto ci avvicina a mondi sconosciuti in Occidente.

Ho avuto modo di notare che non tutti quelli che praticano si interessano alle culture orientali; infatti alcuni si limitano ad allenarsi, ma senza interessarsi minimamente alla cultura da cui si e' sviluppata l'arte marziale che si pratica.

Personalmente, ero già interessato alla cultura nipponica prima di iniziare a praticare AIKIDO, ma, il praticare quest'arte marziale mi ha ulteriormente stimolato ad interessarmi alla cultura del Giappone.

Ritengo che l'Aikido stimoli ad una filosofia di vita e ad una morale che ci guidano a conoscere anche le culture di popoli lontani.

Credo quindi che un'arte marziale, se praticata con un'adeguata apertura mentale possa guidarci a conoscere altre culture, ad apprezzarne aspetti più profondi e quindi a comprendere meglio ciò che stiamo facendo.

Comunque penso che sia di grande importanza, anche dal punto di vista culturale, praticare con un maestro giapponese che ci può insegnare, non solo le tecniche di AIKIDO, ma anche tanti aspetti della cultura e delle tradizioni del Giappone.

Giacomo

 


 


Grazie a tutti voi ...!!!!